Natale: giorno di nascita.
Ricordi e riflessioni sul Natale.
Natale: giorno di nascita.
Questo sarà il mio 62° Natale.
I primi due o tre non li ricordo, ovviamente. Dal quarto o quinto in poi i ricordi sono chiari e precisi.
Le emozioni vivide e intense. Ci sono sempre stati animali nei miei Natali.
La mamma mi aveva ben spiegato come andavano le cose: i doni che avevo richiesto nella letterina (sarebbero
arrivati solo se me li fossi meritata essendo brava e obbediente tutto l’anno!)
li portava Gesù Bambino. Per essere precisi Gesù guidava un carrettino
trascinato da un asinello.
La sera del 24 dicembre, prima di andare a dormire, la mamma ed io preparavamo fuori dalla porta una
scodella piena di acqua fresca e alcuni biscotti su un piattino: erano per
l’asinello che, stanco del lungo camminare, si sarebbe fermato volentieri a
rifocillarsi. Più buoni erano i biscotti, più a lungo si sarebbe fermato, più
doni Gesù Bambino avrebbe scaricato.
I doni di Natale erano attesi da tutto l’anno. C’era sempre un giocattolo (UNO!) e dei dolcetti, calzine,
magari qualche abitino.
Gesù nascondeva sempre i doni per casa. Mamma e papà, nel lettone, mi guidavano alla loro ricerca: “Acqua,
acquerugiola, acquolina, fuochino, fuocherello, fuoco, FUOCO!” A quel punto
avevo trovato il dono: che gioia! Con gridolini felici portavo il pacco sul
lettone e lo aprivo con i miei genitori, che come me erano stupiti del
contenuto: nessuno poteva sapere quali desideri Gesù avesse esaudito…
La ricerca durava tanto; la casa non era grande (una sala, una camera, una cucina e un bagno), ma Gesù era
fantasioso e la ricerca era eccitante quanto ciò che ricevevo.
Il primo dono che ricordo fu un orso di stoffa, che ancora sta con me, ovviamente. E’ molto diverso da
quelli che oggi vediamo nei negozi: il mio orso ha le braccia e le gambe
(scusate: le quattro zampe) che si muovono avendo all’interno qualcosa di ferro.
Ne acquistai uno simile in un mercatino vicino a Londra, molti anni dopo. Anche
lui un po’ spelacchiato, come il mio, come tutti gli orsi amati, abbracciati,
compagni nel gioco, consolatori nel pianto.
Un Natale ricevetti un cane di metallo, con una lunga ‘molla’ che lo collegava a una specie di ‘pistola’:
schiacciando la pistola, il cane camminava! Era un bull-dog (una razza di cane
che non avevo mai vista). Anche lui è qui con me, su un ripiano della libreria.
Una delle rotelline di gomma sulle quali si muove è un po’ consumata, ma io sto
molto attenta a non sforzarlo e lui può ancora muoversi sul pavimento (lo faccio
camminare solo in casa, perché ormai ha una certa età).
Gli orsi, con il passare degli anni, costituirono una famiglia, che tuttora vive con me.
Un Natale, però, vidi alla Rinascente una tartaruga che mi lasciò senza fiato! Era bellissima, della
Steiff. Sotto di sé aveva un rinforzo in metallo: potevi sederti sul suo guscio
(ora so che si chiama carapace) e immaginare di farti trasportare dove volevi.
Andavamo raramente alla Rinascente: abitavamo in periferia. Si doveva prendere il tram numero 17 al
capolinea, poi percorrere tutto il Corso Buenos Aires, che era un bellissimo
viale alberato. Sul tram c’era il bigliettaio, che appunto vendeva i biglietti.
Quando ero più piccola la mamma si divertiva a chiedermi, davanti a lui: “Qual è
la capitale della Russia?”. Io sapevo che a lei piaceva che io rispondessi: “Moca, via!” facendo un gesto con la mano come per allontanare una mosca dal viso.
L’anno in cui vidi la tartaruga della Steiff ero già grandicella (per modo di dire…) e non ero più
sottoposta a quel rito. La tartaruga era così bella e grande che quasi non avevo
il coraggio di indicarla nella letterina dei desideri: era troppo TROPPO per me!
La mamma insistette perché io la chiedessi, preparandomi però anche alla
eventualità che Gesù non me la portasse…
La mattina di quel Natale non osavo nemmeno desiderarla, la tartaruga della Steiff. Trovai i dolcetti,
qualche paio di calzine molto carine, un paio di piccoli giocattoli. Interruppi
la ricerca: avevo trovato tutti i doni. Non ero stupita né delusa di non avere
ricevuto la tartaruga: era davvero troppo, TROPPO bella per una bimba come me.
La mamma ridacchiava: io non capivo perché. Mi invitò a cercare ancora “Giusto per essere sicura di non
aver scordato nessun pacchettino”. Ero sempre obbediente: ripresi la ricerca
come mi aveva chiesto la mamma. Dopo un po’ lo vidi sotto al tavolo, nascosto
dalle sedie, quel pacco gigante: come mi era sfuggito? Mi mancava il respiro…
Ancora non osavo sperare…
La tartaruga ora è a terra, nel mio studio. La linguetta è stata sostituita: Adi, la mia boxer, se l’è
mangiata tanti anni fa, quando era cucciola. La mamma gliene ha cucita un’altra,
di un rosa un po’ diverso, ma la tartaruga è ugualmente contenta.
Tra gli animali di Natale ci fu anche un barboncino nero, con un collare e guinzaglio rosso. Io lo portavo
a spasso per strada. Un giorno un amico di papà lo prese in braccio durante una
passeggiata; stava fumando una sigaretta. Il mio barboncino prese fuoco! Fu
sbattuto a terra, calpestato per spegnere le fiamme. Fu orribile. Piansi
disperata, gridai. Niente da fare: mi sono rimasti il collarino e il guinzaglio
rossi (sulla libreria, accanto al cane di ferro).
Gli orsi stanno sulla cassapanca di legno accanto al mio letto. In caso di bisogno…
Non ricevetti mai un animale vivo a Natale. Gli animali vivi entrarono nella famiglia
naturalmente, mai come doni. Ve ne
furono di diverse specie: uccellini, tartarughe, pesci, cani…
Ricordo che a uno di loro, un Natale, feci io un dono. Era un cocorito azzurro, di nome Traballino. Per una
menomazione non poteva volare, così la mamma mi permetteva di lasciarlo libero
sul letto quando ero un po’ ammalata (a quei tempi soffrivo spesso di febbri
reumatiche e di otite). Traballino girava sul letto, mi veniva vicino, si
arrampicava (con il mio aiuto) sulla spalla e poi si addormentava tra i miei
capelli, dopo averli un po’ arruffati.
Quando lo riponevamo nella gabbia, mi sembrava tanto triste e solo, così pensai di fargli un regalo. Un
giorno vidi dal lattaio un piccolo bambolino nero. Le braccine e le gambe si
muovevano perché erano collegate da un elastico. Lo comprai con la monetina di
resto che mamma mi aveva regalato per essere andata a comprare il latte e lo
portai a casa per lui.
Ricordo la sua emozione: dapprima fu guardingo, incuriosito dalla novità ma anche un po’ preoccupato. Un
po’ alla volta lo aiutai a familiarizzare con il bambolino e infine, quando
compresi che gli piaceva davvero molto, glielo misi nella gabbia. Divennero
inseparabili, Traballino e il bambolino color cioccolata. Dormiva accanto a lui,
‘chiacchierava’ con lui…
L’elastico del bambolino è ora un po’ molle. Quando lo guardo penso a Traballino e all’amore che ci legava,
noi due malatini…
Natale.
Un tempo ci riunivamo a casa del nonno. C’era uno scherzo che papà e lo zio gli facevano ogni anno e ogni
anno il nonno ci cascava! Lui sosteneva di saper distinguere il panettone di una
marca da quello di un’altra; papà e zio scambiavano i panettoni nelle scatole.
Al momento del panettone il nonno faceva gli assaggi e dava nome ad ogni
confezione. Per un po’ stavamo tutti seri, poi uno scoppiava a ridere ed era
come se la festa ricominciasse daccapo.
Natale.
Con il trascorrere degli anni le persone di famiglia se ne sono andate. In Paradiso spero. Un po’ alla
volta il giorno di Natale divenne triste per me, perché era il giorno delle
assenze.
Da anni la mamma ed io quasi non lo festeggiamo. Non ne parliamo nelle settimane precedenti, non facciamo
più l’albero con le palline di vetro (che ancora conservo da allora) né il
presepe: le pecorelle con il pelo di vera lana ormai da anni non escono dallo
scatolone.
Pranziamo insieme, con la televisione accesa, per non pensare e parlare, fingendo di non notare i posti
vuoti attorno a noi. Pranziamo velocemente, poi ci allontaniamo dal tavolo con i
posti vuoti.
Natale.
Questo Natale non sarà il Natale dei posti vuoti. Le pecorelle usciranno dallo scatolone e andranno a fare
mostra di sé nel Presepe (certo non riuscirò a trovare la marogna di carbone per
fare la grotta: il carbone ora è considerato inquinante ed è proibito; uno
specchietto da borsetta lo possiedo ancora: il laghetto è garantito) e qualche
pallina di vetro farà bella mostra di sé su un alberello finto (in segno di
rispetto per la vita degli abeti).
La mia mamma ha ottantotto anni e forse quest’anno sarà lei a cercare un dono nascosto per casa… i
biscottini accanto alla porta dovranno essere di un tipo particolare perché
Bonnie e Billy (i miei amati cani) sono golosi e se li contenderanno con
l’asinello.
Questo Natale inviterò alla nostra tavola tutti quelli che abbiamo amato e ci hanno amato, perciò anche gli
animali che hanno condiviso con noi una parte di vita.
E’ l’occasione giusta per ricordare con gioia gli animali che ora sono nel regno spirituale: ricordiamo
l’amore che ci siamo scambiati, ricordiamo i momenti importanti che abbiamo
condiviso. Ricordiamo anche gli animali che abbiamo incontrato per caso, in un
giorno qualsiasi, in un luogo qualsiasi: ci hanno guardato intensamente negli
occhi, per pochi istanti. In quegli istanti, per quelle creature, noi abbiamo
rappresentato l’intero mondo: gli sguardi profondi degli animali rimangono nel
cuore, non si dimenticano mai.
Natale. Non ricevetti MAI in dono un animale vivo a Natale. Può accadere che un animale vivo entri a far
parte della famiglia a Natale, ma alla base di questa decisione ci deve essere
SEMPRE una scelta consapevole, una assunzione di responsabilità.
Un cucciolo vivo non è un peluche ‘di lusso’, con funzioni aggiuntive: salta, gioca, rincorre la pallina… Qualche volta abbiamo visto nei film uno
scatolone al centro della stanza: i bambini saltano eccitati e, quando alzano il
coperchio, dalla scatola spunta un bel musetto e un corpicino peloso che si
dimena allegro. Spesso le persone che regalano animali vivi a Natale non hanno
alcuna esperienza di convivenza con loro: non sanno che oltre ai momenti di
gioco ci sono gli impegni delle passeggiate, delle visite dal veterinario,
dell’educazione dell’animale (soprattutto se è un cane).
Esistono in commercio giochi stupendi che consentono al bambino di simulare la vita insieme al cane in ogni
momento della giornata: il cucciolo deve essere nutrito, accudito, educato; fa
le feste, cresce. Conosco bambini che ne sono entusiasti! Forse anche così si
possono evitare gli abbandoni.
Noi amici di Paco siamo persone sensibili e responsabili: Come ogni anno ci ricorderemo anche degli animali
bisognosi e senza famiglia. Non dimentichiamoli, però, negli altri giorni
dell’anno. Essi aprono gli occhi alla vita ogni mattina, come noi. Li chiudono
ogni sera. Cerchiamo di fare in modo che anche per loro la giornata valga la
pena di essere vissuta. Buona nascita a noi tutti, dal profondo del cuore.
Amici di Paco, n°44, speciale Natale 2009
LA RIVISTA DEL FONDO AMICI DI PACO