L'uomo e il suo fiume
Lui l'amava, l'uomo, il suo fiume. Quando il sole volgeva al tramonto. Trasparente: il rosso. Un incendio. Gli scorreva davanti: un incanto.
Attendeva, di notte, la luna. Che facesse l'acqua d'argento. E attraverso l'argento: vedeva. Anche i pesci sospesi, vedeva, che sul fondo dormivano quieti. Lui scendeva, a volte, col fiume. Che era bosco: là il verde infittiva. E più a valle il monte si ergeva: era ferro, il fiume. Imponente.
"Io ti prego: trasformati in pietra!" lui chiedeva, all'acqua, ma invano. Lui voleva portarsela a casa, ed in essa il calore del sole, e la luna, e il profumo dei fiori... Sorrideva, scorrendo, il suo fiume. Sorrideva accennando a qualcosa... A che cosa, lui non capiva.
Furon giorni. Poi mesi. Poi anni.
Lui a casa di rado tornava. Tempestati di gemme, i boccali, e le ciotole in legno intagliato, nascondevano i loro tesori. Li inghiottivano, in certo qual modo. Solo il fiume, sempre: mostrava. Tutto quanto in sé conteneva. Era triste, l'uomo. Davvero.
Disse il fiume, una sera... Un sussurro: "Tu raccogli la sabbia... poi a casa... alla fiamma... Vai, prova..." Obbediente, lui la prese la sabbia: il silicio. E l'argilla. Sì, anche. Un po'.
Dentro al fuoco avvenne qualcosa: alla sabbia, all'argilla. Che cosa? Gli occhi chiusi, l'uomo sognava. Era stanco. Sognava il bel cielo, terso e azzurro, che il fiume specchiava. Si svegliò, l'indomani. Ed il cielo: era lì, tra le braci. Era azzurro. Era pietra. Era acqua. Era il dono: del fiume ad un uomo.
'Pietra d'acqua': il dono di un fiume. Oggi tutti lo chiamano vetro.
… e la sabbia divenne cristallo
Tiratura limitata in occasione del VITRUM ‘89